Onshoring, Nearshoring e Reshoring: qual è la strategia giusta per la tua azienda?

Negli ultimi anni, le aziende hanno iniziato a rivedere le loro catene di approvvigionamento globali. Fattori come le tensioni commerciali, l’aumento dei costi di trasporto, e le interruzioni dovute alla pandemia, hanno spinto molte imprese a riconsiderare dove collocare la produzione. Ma cosa significano esattamente questi termini?

Onshoring

Partiamo dall’onshoring. Questo termine si riferisce al riportare la produzione all’interno dei confini nazionali. In passato, molte aziende hanno delocalizzato la produzione in paesi a basso costo per risparmiare. Tuttavia, l’onshoring permette di ridurre i rischi legati a forniture internazionali, migliorare i tempi di risposta e mantenere un controllo più diretto sulla qualità e i processi produttivi.

L’onshoring è particolarmente interessante per le aziende che operano in settori dove la qualità, la proprietà intellettuale, e la vicinanza al mercato di consumo sono fondamentali. Inoltre, con la crescente automazione, il vantaggio dei costi del lavoro all’estero si sta riducendo, rendendo più conveniente produrre localmente.

Nearshoring

Poi c’è il nearshoring, che si colloca a metà strada tra l’onshoring e l’offshoring. Invece di riportare la produzione nel proprio paese, l’azienda sposta le attività produttive in un paese vicino o nella stessa regione geografica. Questo riduce i costi di trasporto e i tempi di consegna rispetto all’offshoring tradizionale, mantenendo comunque alcuni vantaggi di costo.

Ad esempio, per le aziende europee, spostare la produzione dai paesi asiatici a paesi dell’Europa orientale potrebbe rappresentare una strategia di nearshoring. Così facendo, si mantengono vantaggi di costo, ma si beneficia di una maggiore vicinanza culturale e geografica, che può migliorare la collaborazione e la gestione delle operazioni.

Reshoring

Infine, parliamo del reshoring. Questo termine è spesso usato in modo intercambiabile con l’onshoring, ma in realtà ha una connotazione leggermente diversa. Il reshoring indica il ritorno della produzione nel paese di origine dopo essere stata delocalizzata. È una risposta diretta ai problemi riscontrati con l’offshoring, come la scarsa qualità dei prodotti, i lunghi tempi di transito e i rischi geopolitici.

Il reshoring può anche essere motivato da incentivi governativi, come agevolazioni fiscali o politiche industriali che promuovono la produzione locale. Negli ultimi anni, molti governi hanno lanciato programmi per sostenere le aziende che riportano la produzione nel proprio paese, vedendo in questo una strategia per creare posti di lavoro e ridurre la dipendenza da fornitori esteri.

Tuttavia, ognuna di queste strategie ha i suoi pro e contro.

Ad esempio, l’onshoring può comportare costi iniziali elevati per rilocalizzare la produzione e investire in nuove infrastrutture. Il nearshoring può ancora presentare rischi legati alla stabilità politica o alle differenze normative tra paesi. Il reshoring, d’altra parte, può richiedere tempo per ricostruire competenze e capacità produttive che erano state perse.

La scelta tra onshoring, nearshoring e reshoring dipende da vari fattori, tra cui il settore in cui opera l’azienda, la complessità della catena di fornitura, i costi associati e la necessità di flessibilità e rapidità di risposta al mercato.

Video

Conclusione

In conclusione, mentre le aziende continuano a navigare in un contesto economico globale sempre più incerto, è essenziale valutare attentamente quale strategia si adatta meglio alle proprie esigenze.

Nessuna soluzione è universale, e spesso la risposta può essere una combinazione di queste strategie.

Articolo scritto da Davide Lega: consulente, formatore ed autore di libri sulla logistica; e Francesco Massimo Gallo:consulente e creatore del gestionale di magazzino WMS Sweet.

Grazie per aver letto fino in fondo.

Se vuoi contattarci, oppure sponsorizzare un tuo prodotto sul nostro portale, scrivici dalla nostra pagina contatti.