Verso una logistica virtuosa: le sfide delle aziende nella ricerca della sostenibilità
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Verso una logistica virtuosa: le sfide delle aziende nella ricerca della sostenibilità
Responsabilità sociale, attenzione all’ambiente, governace di processo. L’acronimo ESG racchiude un universo di responsabilità per le aziende, ma anche di opportunità per definire paradigmi nuovi dove sostenibilità e rispetto di regole condivise alimentino la crescita
Si può tentare di opporsi allo stop alla vendita di auto convenzionali come l’Unione europea vorrebbe dal 2035, si potrà fare lo stesso contro la tendenza che vuole porre un freno al proliferare degli imballaggi a perdere, ma si tratta di battaglie di retroguardia perché tutte le attività inquinanti sono guardate con sospetto da chi deve investire e guarda la luna, non il dito che la indica.
Guarda insomma avanti, tenendo conto di un’opinione pubblica che non ne può più di respirare miasmi e leggere ogni giorno notizie su illegalità nei luoghi di lavoro, a cominciare purtroppo dalla logistica colpita pesantemente, proprio mentre scriviamo, dai provvedimenti della magistratura a carico di altre grandi firme del settore accusate di aver raggirato le norme sull’impiego di manodopera invece di dare il buon esempio.
Un comportamento che purtroppo dà ragione a Daniele Testi, Presidente di SOS LOG, che in una delle interviste pubblicate in questo Dossier riconosce come la logistica non goda dell’immagine positiva che potrebbe meritare.
Questioni allarmanti
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Quelle che mescolano congestione urbana, sfruttamento, cambiamento climatico, ricorso smodato a fonti energetiche fossili e quant’altro sono questioni davvero allarmanti che necessitano di risposte urgenti. Si sprofonda infatti in un’emergenza continua, scandita da eventi che si inseguono l’un l’altro. Sembrano coincidenze, ma non è così. Qualche altro esempio legato all’attualità: la gran Milan, città della moda e dell’happy hour a go-go, scopre di non avere spazio per piantumare 138 mila alberi e ottenere per questo 12 milioni di euro del Piano nazionale di ripresa e resilienza che servirebbero per contrastare l’effetto di isola di calore. Un fatto grave che si aggiunge al record poco lusinghiero stabilito a metà marzo dalla città: terza nel mondo per inquinamento dopo Teheran e Pechino. Ma quanto ci si deve allontanare da Milano per respirare bene? Parecchio. Tutta la pianura Padana è costantemente colorata di rosso dagli indicatori di allarme ambientale a causa della concentrazione di attività che esalano particelle pericolose per la salute.
Una tendenza irreversibile
Le colpe per l’aria irrespirabile non possono però essere addebitate solo all’industria, come viene ricordato in un’altra delle interviste che pubblichiamo, quella a Paolo Fincato, che ricorda il forte impatto ambientale dovuto ai tanti allevamenti e che mette in guardia dal ricorso al greenwashing, intollerabile non solo dall’opinione pubblica ma anche dall’Unione europea che ha emanato una Direttiva in proposito.
Un insieme di considerazioni che fa comprendere perché l’uso dell’acronimo ESG è diventato così attuale. Le tre lettere, da Environmental, Social and Government investing, indicano una tendenza irreversibile a meno che non prevalga la follia bellica che potrebbe far saltare in aria il pianeta, al che certo ogni discorso parrebbe futile.
La rotta è tracciata
Ma se crediamo con forza che la ragione alla fine prevarrà ecco che le parole di Umberto Ruggerone, Presidente di Assologistica, tracciano la rotta nell’affermare che un logistico dev’essere «attento all’ambiente per definizione. Se può far viaggiare un camion piuttosto che due è suo compito farlo: la logistica è quindi di per sé votata alla riduzione degli sprechi e all’efficientamento».
Ruggerone ricorda però che il settore ha bisogno di investire per diminuire l’impatto sull’ambiente avendo chiara la direzione da prendere sulle trazioni alternative dal momento che chi ha creduto nel metano liquido si trova in difficoltà essendo quel carburante finito, oggi, fuori mercato.
A proposito di legalità, Ruggerone auspica provvedimenti che mettano gli operatori logistici «nelle condizioni di agire in modo sicuro» attraverso la «conoscenza di parametri chiave, tra cui, per esempio regolarità fiscale e contributiva. Parametri che sono già in possesso degli uffici della Pubblica Amministrazione».
Modificare i comportamenti
Secondo Assologistica i dati andrebbero raccolti e depositati per «permettere di verificare la regolarità delle aziende prima di siglare un contratto» ricorrendo anche all’applicazione del Reverse Charge per contrastare «il ribasso del 20% dai contratti di logistica».
Ruggerone punta il dito anche sulla necessaria formazione volta ad aggiornare e preparare gli addetti sui nuovi modi di operare. Ma formare chi? Ermanno Rondi, fondatore della Incas, pioniera dell’automazione made in Italy, non esita a guardare dentro un buco nero: la mancanza di giovani e di adeguate politiche sociali che insieme ostacolano il necessario ricambio generazionale, lasciando posizioni scoperte che immobilizzano le aziende.
Non semplice né gratuito
A questo si somma la mancanza di decreti flussi rispondenti ai bisogni. Se l’agricoltura non trova raccoglitori di frutta e ortaggi stagionali, industria e trasporti avrebbero bisogno di addetti per tutto l’anno eppure…
Eppure, incredibile ma vero, come abbiamo raccontato in un precedente Dossier (gennaio 2023), il sì a far venire in Italia autisti extracomunitari è caduto nel vuoto perché nei paesi d’origine non è prevista la Carta di Qualificazione del Conducente (CQC), il cui conseguimento in Italia costa parecchio, richiede tempo e le agevolazioni concesse dallo Stato sono una goccia nel mare secondo le associazioni dell’autotrasporto che si trovano senza autisti, col timore che le cose peggiorino a causa dell’inverno demografico che sta raggelando il nostro Paese più di altre economie avanzate.
È del resto evidente che il percorso di sostenibilità raccomandato dall’acronimo ESG non sarà lineare né semplice e neppure gratuito, ma sopportabile se si mira a un sistema migliore (la luna) e non al profitto tutto e subito (il dito) gettando negli inceneritori imballaggi più rifiuti vari e facendo ricorso a finte cooperative sia nei settori produttivi sia nei servizi.
La tecnologia non si arresta
Dalla formazione e dall’aggiornamento professionale non si può prescindere anche perché la tecnologia non si arresta e seppure allevia dalla fatica e dalle mansioni più alienanti tipiche di un modo superato di fare logistica, richiede capacità di apprendimento per usufruire dei vantaggi che offre. Da qui il corretto diffondersi di corsi pure ai livelli inferiori di responsabilità, ma è alla scolarità intermedia che gli esperti consigliano di puntare, quella che forma i quadri che devono interloquire con i top manager. E se per questi ultimi non mancano corsi universitari e post laurea in logistica e ingegneria gestionale si deve insistere sulla maturità rappresentata dagli ITIS e sui percorsi abilitanti di livello superiore offerti dagli ITS, come raccomandato nei servizi che seguono.
Più in generale preoccupano i dati resi noti dalla regione Lombardia sul mismatch in ambito logistico tra domanda e offerta di qualificati e diplomati Ie FP (Formazione professionale): nel periodo 2021-2025 mostrano che viene preparato solo il 4% della forza lavoro necessaria. Fa peggio solo l’edilizia, col 2%.
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